“Inventing Anna” è l’ultima mini-serie di Netflix prodotta da Shonda Rhimes (creatrice di Grey’s Anatomy e produttrice di Bridgerton). La serie racconta le indagini della giornalista Vivian Kent per scoprire la verità sul caso di Anna Delvey, venticinquenne che viene imprigionata per aver ingannato e derubato l’élite di New York.
La storia di Anna Delvey viene svelata piano piano nel corso della serie, attraverso i racconti di chi ha stretto amicizia o ha fatto affari con lei. Anna Delvey è in realtà uno pseudonimo: il suo vero nome è Anna Sorokin e non è un’ereditiera tedesca come afferma di essere. Però, è veramente cresciuta in Germania ed è arrivata a New York inseguendo il “sogno americano”. Il suo intento è quello di istituire la Anna Delvey Foundation, circolo esclusivo dedicato agli amanti dell’arte. Per raggiungere questo obiettivo, il primo passo è la costruzione di una identità forte e affidabile, con le conoscenze giuste ed uno stile di vita lussuoso.
L’ammirazione per un mondo patinato fatto di ricchezza e benessere inizia presto in Anna. Ci viene mostrata la sua infanzia e adolescenza, quando le riviste di moda erano per lei un modello di vita. Anna nella sua cameretta sfogliava Vogue, Vanity Fair (rivista tra l’altro presente esplicitamente nella serie, poiché luogo di lavoro di uno dei personaggi principali, Rachel) ed era nata in lei una sorta di ossessione per gli abiti. Le compagne del liceo intervistate da Vivian descrivono Anna come una “poliziotta della moda”. L’abbigliamento quindi viene usato da Anna come strumento di potere fin da giovanissima. Un mezzo per distinguersi, per porsi su un gradino più in alto rispetto alle coetanee.
Emblematica della sua idea di moda è questa frase che viene detta della serie:
“Perché risparmiare per un giorno di pioggia, invece che comprare delle Manolo Blahnik? Dio non fa piovere su una ragazza con quelle scarpe”.
Ancora una volta si sottolinea il ruolo della moda, un certo tipo di moda, come strumento di potere. Abiti ed accessori firmati comunicano e sanciscono uno status, differenziando i gruppi della società e andando a creare una sorta di “piramide sociale”. Questa citazione in particolare si ricollega a quell’idea (giusta o sbagliata che sia) che la ricchezza fa la felicità: chi può spendere 800€ per un paio di scarpe non può avere problemi nella vita.
Proprio questo contrasto tra ricchezza e povertà viene messo in evidenza da Anna nel momento in cui incontra Vivian per la prima volta. Anna è in prigione e Vivian la va a trovare per farle un’intervista. Anna ispeziona Vivian dalla testa ai piedi e commenta: “Cosa indossi? Sembri povera”. Nuovamente, l’abbigliamento è usato come mezzo per stabilire confini e relazioni di potere. Anna è in prigione, non ha i suoi abiti firmati e il suo make up raffinato, ma vuole imporre la sua (presunta) superiorità sociale su Vivian e lo fa proprio citando l’abbigliamento. In realtà, spesso Vivian durante la serie viene riconosciuta come una persona “normale” proprio per il suo abbigliamento, evidenziando così il ruolo della moda come potente comunicatore sociale. Infatti, il responsabile di una compagnia di aerei privati truffata da Anna, quando intervistato da Vivian afferma che a lei non darebbe mai un aereo perché, da come si presenta, è chiaro che è una persona “normale”.
Nella sua scalata verso il successo, Anna si deve interfacciare con il mondo finanziario e delle banche per ottenere i finanziamenti di cui ha bisogno per la sua Fondazione. In questa fase avviene un importante cambiamento nei suoi look. Infatti, Anna passa da “bambolina” vestita con colori accesi e capelli biondi, a business woman con i capelli castani, grandi occhiali da vista neri, camicie e completi scuri e più seriosi. Qui, la moda è impiegata come mezzo per identificarsi con un gruppo sociale. Ogni gruppo sociale ha infatti delle regole formali ed informali ed è necessario rispettarle se si vuole appartenere a quel gruppo. Un aspetto più da “donna in carriera” e meno da “Barbie” era fondamentale per essere presa sul serio in un mondo prettamente maschile.
La serie si conclude con il processo di Anna (no spoiler, tranquilli). Durante il processo, la moda diventa nuovamente un aspetto centrale per la costruzione dell’identità e dell’immagine di Anna. Anna vuole salvaguardare la sua reputazione: non ha alcuna intenzione di presentarsi al processo con gli abiti forniti dal tribunale e richiede ad una stilista di realizzarle gli abiti per questa occasione. L’aula del tribunale diventa così una sfilata, i suoi abiti diventano iconici e virali sui social. Dal forte potere comunicativo è l’abito usato da Anna alla fine del processo, quando le viene comunicato il verdetto. Anna indossa un abito bianco, segno lampante di purezza, onestà, innocenza. Quest’abito aggiunge inoltre un nuovo tassello alla relazione tra le due protagoniste Anna e Vivian, tra le quali si instaura durante la serie un rapporto di amore/odio: l’abito bianco indossato da Anna le era stato prestato infatti proprio da Vivian.
In tutta la serie, Anna Sorokin (il suo Sé reale) cerca di trasformarsi e di identificarsi in Anna Delvey (il suo Sé ideale). Possiamo affermare che non sarebbe mai riuscita a raggiungere i traguardi ottenuti se non avesse saputo sfruttare la moda a proprio vantaggio: inizialmente una passione/ossessione, poi un mezzo indispensabile per compiere la scalata sociale, infine un segno indelebile di identità.