Gli abiti di Chiara Ferragni a Sanremo 2023

Non potevo non dedicare un articolo della serie “PsicoFashion” agli abiti indossati da Chiara Ferragni durante la prima e la quinta serata della 73° edizione del Festival di Sanremo, dove ha calcato il palco in qualità di co-conduttrice affiancando Amadeus.

Non appena ho visto gli abiti, ho pensato: qualcuno ha ancora dubbi sul potere comunicativo della moda?

La moda è capace di generare stupore e meraviglia, ammirazione e curiosità, ma anche invidia, rabbia, indignazione. In quanto mezzo di comunicazione tipicamente non verbale, la moda comunica in un modo che le parole non possono fare. È una comunicazione che arriva immediata, spontanea, senza filtri.

Quanti di noi hanno giudicato Chiara per quell’abito ancor prima di sapere che non era davvero nuda ma era un ricamo trompe l’oeil? L’impatto visivo di quell’abito ci ha colpiti, in modo forte e chiaro. Non ci serviva una spiegazione verbale: la categorizzazione mentale in specifiche categorie (fuori luogo? eccessiva? spudorata? coraggiosa? ognuno ha le sue) è partita automaticamente.

E allora iniziamo proprio da lui: l’abito senza vergogna.

Non è un caso che nel servizio fotografico appositamente realizzato Chiara tenga in mano una mela. Il riferimento immediato è ad Eva, al peccato originale e alla vergogna del proprio corpo da sempre imposta alle donne. L’abito vuole essere un invito per le donne a riappropriarsi del proprio corpo e a non permettere agli altri di decidere ciò che possono o non possono fare con il loro corpo.

Solo una domanda mi sorge spontanea: le donne, per affermare i propri diritti, hanno davvero solo il corpo come arma? Lascio a voi la risposta.

Facciamo ora un passo indietro e torniamo al primo abito indossato da Chiara per il debutto sul palco dell’Ariston: il vestito manifesto.

Su un abito in seta nero si adagia una stola bianca (che a dirla tutta non si armonizza perfettamente con il vestito) che riporta il claim “Pensati libera”. Citazione di Claire Fontaine che in poche ore ha fatto il giro del web trasformandosi nei meme più disparati. Citazione che vuole porsi come manifesto contro il patriarcato, come invito a pensare fuori dagli schemi e come lotta per liberarsi dai giudizi altrui. Citazione che è stata inoltre oggetto di polemiche perché risulterebbe essere un plagio dell’opera originale dell’artista Cicatrici Nere.

D’impatto, ma probabilmente meno degli altri, è l’abito contro l’odio.

L’abito riporta, nero su bianco, insulti che Chiara Ferragni ha ricevuto sui social in quanto donna, in quanto madre e sul suo corpo. E lei come risponde a tali insulti? Ci ride su, li manda a quel paese (come in un’altra foto del servizio fotografico): la giusta risposta che meritano gli haters.

Bello il significato, meno il vestito: le scritte sugli abiti sono un cliché visto più e più volte (anche su un altro abito Dior indossato da Chiara stessa per il suo matrimonio).

A mio modesto parere il più bello tra i quattro, l’abito gabbia.

Nelle foto del servizio fotografico, Chiara è assieme alla figlia Vittoria, che indossa una versione mini dello stesso vestito, costituito da una tuta di jersey ricamata di strass, racchiusa in una gonna/gabbia di tulle. La presenza della figlia Vittoria vuole rappresentare un messaggio alle nuove generazioni, di liberarsi da stereotipi e costrizioni.

Tutti gli abiti indossati nella prima serata del Festival sono realizzati da Mariagrazia Chiuri per Dior.

Durante la quinta serata sul palco dell’Ariston, Chiara cambia stilista e cambia maison. A vestirla per la serata finale del Festival è Daniel Roseberry per Schiaparelli. Ciò che non cambia è invece il messaggio che vuole trasmettere attraverso il suo abbigliamento. Messaggio che forse, a questo punto del Festival, è diventato ormai ridondante.

Iniziamo con un abito che grida “Schiaparelli” da ogni centimetro, dedicato al tema della donna come madre guerriera.

Perché la donna non deve imitare la forza dell’uomo per essere considerata allo stesso livello, perché la donna non deve essere giudicata o sentirsi in colpa se vuole e cerca di conciliare la sua vita lavorativa e la sua vita privata, da madre. Perché l’essere donna e l’essere madre non devono essere vissuti come limiti.

Punto bonus per questo vestito: finalmente un po’ di colore.

Vuole essere un messaggio di libertà l’abito “body painting” che riporta un’impronta dorata su un abito a colonna color blu. Libertà di poter disporre del proprio corpo.

Dove l’avevamo già visto? Ah sì, durante la prima serata del Festival.

Torniamo inesorabilmente al nero con l’abito dei diritti umani.

Un abito in velluto dove l’assoluto protagonista è il gioiello. Una fusione dorata tra un corpo femminile ed un utero, a simboleggiare il diritto all’aborto sicuro e alla procreazione assistita.

Nuovamente, si sottolinea l’importanza di poter prendere liberamente e autonomamente le decisioni sul proprio corpo. Sull’account Instagram di Chiara, dove viene spiegato il significato dell’abito, si pone l’accento sul fatto che la libertà di essere padroni del nostro corpo non è naturalmente solo una prerogativa femminile, ma appunto un diritto di tutti gli esseri umani.

Eccoci all’ultimo vestito: la femminilità maschile.

Un completo in velluto nero con pantaloni che vuole comunicare che la donna non deve assumere sembianze e comportamenti maschili per essere forte. Non ha bisogno di “mostrare i muscoli” (il corsetto a forma di addominali) per ottenere il rispetto altrui.

Punto bonus: su 8 look, almeno uno con pantalone doveva esserci.

Possa piacere o no, è indubbio che i suoi abiti hanno saputo comunicare. Probabilmente ci hanno colpiti maggiormente quelli della prima serata e ormai alla quinta eravamo più che preparati a nuove piccole o grandi trasgressioni, se così le vogliamo definire. Una comunicazione in realtà anche un po’ ripetitiva, perché spesso i messaggi che i diversi look volevano trasmettere si sovrapponevano.

Una comunicazione, infine, che può essere criticata da numerosi punti di vista, includendo anche quello che è stato il suo monologo, da molti considerato autoreferenziale, dedicato all’elogio dei successi di una persona che si trova in una posizione privilegiata.

Ma si potrebbe anche leggere in maniera completamente opposta. Non in quanto Chiara Ferragni, ma in quanto donna, si è voluta rendere veicolo di un messaggio per le altre donne: siate libere, lottate per i vostri diritti, credete nei vostri sogni, non sentitevi mai inferiori a nessuno, non rinunciate a ciò che amate solo per conformarvi a degli stereotipi che qualcun altro vi ha imposto.

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