Viviamo in un’epoca in cui il comportamento d’acquisto non è più dettato solo dal bisogno, ma da una complessa rete di emozioni, modelli culturali e narrazioni digitali. Il Digital Report 2025, realizzato da We Are Social e Meltwater, ci restituisce una fotografia in alta definizione della nostra vita online: il 90% della popolazione italiana è connessa a Internet, passando in media quasi sei ore al giorno sul web e quasi due ore sui social. Ma cosa dice tutto questo della nostra psiche? E soprattutto, come si riflette nelle nostre scelte di consumo, in particolare nel mondo della moda e del lusso?
L’eredità di Veblen e la moda come consumo vistoso
Nel 1899, il sociologo Thorstein Veblen coniava l’espressione “consumo vistoso” per descrivere il comportamento delle classi agiate che acquistavano beni non per necessità, ma per ostentare status sociale. Oggi questo concetto è più vivo che mai. I social media sono la nuova vetrina dove i consumi si mostrano, si condividono e si validano attraverso i “mi piace”. La moda, in particolare, si presta perfettamente a questa funzione simbolica: è narrazione visiva, affermazione identitaria, gesto sociale.
Il report ci dice che il 33,1% degli utenti italiani segue account di brand: significa che il pubblico non compra più soltanto, ma osserva, desidera, si ispira. Il brand non è più solo fornitore di prodotto, ma curatore di immaginario.
Il ciclo di Maslow in chiave digitale
La piramide dei bisogni di Abraham Maslow trova oggi nuove declinazioni. Se alla base restano i bisogni primari, salendo nella scala vediamo come i social media rispondano al bisogno di appartenenza (community, follower), di stima (interazioni, status symbol) e di autorealizzazione (content creation, personal branding).
Gli acquisti di moda, specie nel settore del lusso, si posizionano in cima a questa piramide: rappresentano una forma di espressione personale e di riconoscimento sociale. La psicologia del consumatore digitale, infatti, si muove tra il desiderio di unicità e quello di appartenenza. La moda offre entrambi, soprattutto se comunicata attraverso strumenti emozionali e aspirazionali come i contenuti social.
Il ruolo degli influencer e la teoria dell’identificazione
Secondo il Digital Report 2025, gli influencer restano tra gli account più seguiti. Non sorprende: la teoria dell’identificazione, formulata in ambito psicologico e successivamente ripresa in marketing, suggerisce che le persone tendono a modellare il proprio comportamento su individui che considerano simili o desiderabili.
Nell’era del digital branding, l’influencer è diventato un’estensione del brand stesso, e spesso viene percepito come più autentico e credibile rispetto alla comunicazione istituzionale. In psicologia sociale, questo meccanismo rientra nei processi di internalizzazione: le persone fanno propri i valori del modello identificativo. Così, acquistare una borsa o un capo visto in un reel diventa un modo per avvicinarsi a quell’identità.
Social commerce e impulso emotivo
Il 30,8% degli italiani utilizza i social media per ispirarsi su cosa acquistare. L’e-commerce non è più una vetrina statica ma un flusso continuo di stimoli visivi e narrativi. Questo ci porta a un’altra dinamica psicologica: il consumo impulsivo.
Diversi studi hanno dimostrato che lo shopping online, soprattutto se integrato nei social, attiva aree cerebrali legate al piacere e all’immediatezza della gratificazione. Le sponsorizzazioni mirate, di cui si nutre un italiano su quattro per scoprire nuovi brand, sfruttano algoritmi che rispondono a pattern psicologici come il nudging (spinta gentile verso un’azione) e la scarcity effect (paura di perdere un’occasione).
Il consumatore come costruttore di senso
Oggi il consumatore non è più passivo. È interprete e co-creatore del significato del brand. Si affida a recensioni, ma anche a storytelling, reputazione digitale, purpose aziendale. In Italia, secondo il report, i social superano addirittura i siti ufficiali dei marchi nella ricerca di informazioni.
Questo porta a rivalutare le teorie classiche dell’apprendimento osservazionale e della cognizione sociale: impariamo, scegliamo e costruiamo significati attraverso ciò che vediamo negli altri, soprattutto in ambienti familiari e ripetuti come i feed social. La moda, in questo contesto, diventa racconto, emozione, specchio e proiezione.
Dal dato al desiderio
Il Digital Report 2025 non è solo un documento tecnico. È un racconto psicologico, sociologico e culturale. Ci dice che il modo in cui acquistiamo è cambiato non solo nei canali, ma nelle motivazioni più profonde.
La moda, in quanto forma visiva e simbolica, diventa il terreno perfetto per osservare questi cambiamenti. In un mondo sempre più interconnesso, conoscere il consumatore significa capire la sua mente: tra storie, feed e desideri, tra scelte razionali e sogni digitali.
Fonte: https://wearesocial.com/it/blog/2025/02/digital-2025-i-dati-italiani/