La moda come progetto di longevità

Alla quinta edizione di Next Design Perspectives, organizzata da Altagamma e curata da Marco Sammicheli per Triennale Milano, la parola chiave è stata “longevità”. Non solo come durata della vita, ma come modo di pensare, progettare e abitare il tempo.
In un mondo che corre veloce, parlare di longevità significa rallentare, ricalibrare la relazione con noi stessi e con gli altri. È una prospettiva che ha molto a che fare con la psicologia: imparare a vivere il tempo in modo consapevole è un atto di salute mentale.

Come ha sottolineato Sammicheli, la longevità è “un metodo di progetto e una responsabilità collettiva”: il design e la moda diventano quindi strumenti per costruire un equilibrio tra desiderio e sostenibilità, tra innovazione e memoria.

Moda e psicologia delle emozioni

Secondo Lisa White, direttrice di WGSN, il 70% delle decisioni d’acquisto è guidato da fattori emotivi. Le persone non comprano solo un abito o un oggetto, ma cercano un’esperienza capace di evocare emozioni, ricordi, appartenenza.
In questo senso, la moda è una forma di psicologia applicata: traduce bisogni inconsci in linguaggi visivi, dà forma all’identità, cura la relazione con il sé e con gli altri.

Lisa White ha parlato di “Connectedness in Polarities”, la connessione tra opposti come velocità e lentezza, reale e digitale, individualità e collettività. È la stessa tensione che viviamo interiormente ogni giorno. Il compito della moda – come quello della psicologia – diventa trovare armonie nuove, ponti tra contrasti, spazi dove l’essere umano possa riconoscersi intero.

Il lusso della lentezza

Dai dati presentati emerge un trend globale: il benessere sostituisce il possesso come nuovo simbolo di status. Non più collezionare oggetti, ma tempo di qualità, equilibrio, cura.
Nascono le “well-topias”, luoghi di benessere e comunità che ricordano come la felicità sia un’esperienza collettiva. È una forma di “psicologia sociale del lusso”: vivere bene diventa un atto politico e relazionale, non un privilegio isolato.

Nel mondo della moda, questo si traduce in un’estetica più empatica, fatta di materiali che rispettano il corpo e l’ambiente, di design che migliorano il quotidiano. Non solo stile, ma psicologia del comfort.

La tecnologia e l’empatia perduta

Un altro tema chiave è quello della “wise tech”, la tecnologia saggia. Oggi un terzo degli adolescenti americani confida le proprie emozioni a un’intelligenza artificiale. È un dato che fa riflettere: la connessione digitale ha spesso sostituito quella umana.
Il design e la moda possono diventare strumenti di riconnessione, restituendo fisicità e calore all’esperienza estetica. Un tessuto, una forma, un colore possono essere ponti sensoriali verso l’empatia, antidoti all’isolamento.

Come ricorda Lisa White, “la tecnologia deve essere trasparente, ma soprattutto deve generare fiducia”. Anche questo è un principio psicologico: la relazione, con le persone o con gli oggetti, vive di autenticità.

La longevità come cura collettiva

Nella sessione dedicata a “Longevità e cura”, Nic Palmarini ha sottolineato che “nessuna tecnologia può sostituire la forza del noi”. Vivere a lungo, infatti, significa anche vivere insieme: la longevità non è solo biologica, ma relazionale.
La moda, in questa prospettiva, diventa uno spazio simbolico dove ricostruire il senso di comunità. Dalle collezioni inclusive alla valorizzazione delle culture artigianali del Sud globale, il design si fa linguaggio sociale, capace di unire generazioni e mondi.

La vera eleganza, oggi, è vivere con consapevolezza

Next Design Perspectives 2025 ci consegna un messaggio chiaro: la longevità è una forma di cura, e il design – come la psicologia – può insegnarci a viverla.
Moda e mente si incontrano nel desiderio di dare senso al tempo, di costruire relazioni significative e di trasformare la creatività in un gesto di fiducia verso il futuro.

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